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dell'impero romano cap. xxxv. 411

suo ambasciatore, che arditamente ricusando di consegnare i presenti, finattantochè non fu ammesso alla personale udienza del Re, dimostrò un sentimento di dignità, ed un disprezzo del pericolo, che Attila non avrebbe mai aspettato da’ degenerati Romani1. Ei minacciò di gastigare l’ardito successor di Teodosio; ma stava dubbioso, se doveva prima rivolgere le invitte sue armi contro l’Impero d’Oriente, o d’Occidente. Mentre il Mondo sospeso aspettava con timore la sua decisione, egli mandò una ugual disfida sì alla Corte di Ravenna, che a quella di Costantinopoli; ed i suoi Ministri salutarono i due Imperatori con la stessa superba dichiarazione di questo tenore: „Attila, mio e tuo Signore, ti comanda di preparargli un palazzo per immediatamente riceverlo„2. Ma siccome il Barbaro disprezzava, o affettava di disprezzare i Romani Orientali, che tante volte avea superato, ben tosto dichiarò la sua risoluzione di sospendere quella facil conquista, finattantochè non avesse condotto a fine una più importante e gloriosa impresa. Nella memorabili invasioni della Gallia e dell’Italia, gli Unni erano naturalmente attratti dalla ricchezza e dalla fertilità di quelle Province; ma non si possono rilevare i particolari motivi ed incitamenti d’Attila, che dallo stato dell’Impero occidentale sotto il regno di Valentiniano, o per parlare più esattamente, sotto l’amministrazione d’Ezio3.

  1. Vedi Prisco p. 39, 72.
  2. La Cronica Alessandrina o Pasquale, che fa menzione di questa orgogliosa ambasciata al tempo di Teodosio, può averne anticipata la data; ma il debole annalista era incapace d’inventare il genuino ed originale stile di Attila.
  3. Il secondo libro dell’Istoria critica dello stabilimento della