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dell'impero romano cap. xxxiv. |
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schiavo. Egli è dunque giusto, che veneri quell’uomo, che la fortuna ed il merito hanno posto sopra di lui, invece di tentare come un malvagio schiavo di cospirare furtivamente contro il suo Signore„. Il figlio d’Arcadio, il quale solo era assuefatto alla voce dell’adulazione, udì con sorpresa il severo linguaggio della verità: arrossì e tremò; nè osò di negare direttamente la testa di Crisafio, che Eslao ed Oreste avevan ordine di domandare. Fu subito spedita una solenne Ambasceria, munita di pieno potere e di magnifici doni, per calmare la collera d’Attila; e fu secondato il suo orgoglio con la scelta di Nomio e d’Anatolio, due Ministri di grado Consolare o Patrizio, l’uno dei quali era gran Tesoriere e l’altro era Generale degli eserciti dell’Oriente. Egli condiscese ad incontrar questi Ambasciatori sulle rive del fiume Drence; e quantunque a principio affettasse un sostenuto e superbo contegno, l’ira di esso appoco appoco fu ammollita dalla loro eloquenza e liberalità. Si contentò di perdonare all’Imperatore, all’Eunuco ed all’interpetre; s’obbligò con giuramento ad osservare le condizioni della pace; rilasciò un gran numero di schiavi; abbandonò al loro destino i fuggitivi e i disertori; e cedè un vasto territorio al mezzodì del Danubio, che egli avea già spogliato di ricchezze e di abitatori, Ma si comprò questo trattato ad un prezzo, che avrebbe potuto sostenere una vigorosa e felice guerra; ed i sudditi di Teodosio furon costretti a redimere la vita d’un indegno favorito per mezzo di opprimenti imposizioni, che essi avrebbero più volentieri pagate per la sua morte1.
- ↑ Può vedersi questa segreta cospirazione, e le impor-