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dell'impero romano cap. xxxiv. |
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della pubblica fede. La sorpresa e la gioia d’Edecone allorchè osservava lo splendor di Costantinopoli, avea incoraggito l’interpetre Vigilio a procurargli un segreto abboccamento coll’Eunuco Crisafio1, che governava l’Imperatore e l’Impero. Dopo qualche preliminare discorso, ed un vicendevole giuramento di segretezza, l’Eunuco, che secondo i propri sentimenti o la propria esperienza non avea concepito alcuna sublime idea della virtù ministeriale, si avventurò a proporre la morte d’Attila, come un importante servigio, per cui Edecone avrebbe potuto meritare una gran parte della ricchezza e del lusso che egli ammirava. L’Ambasciatore degli Unni diede orecchio alla seducente offerta; e dichiarò con apparente zelo, che esso aveva il potere e la facilità d’eseguire la sanguinosa impresa: ne fu comunicato il disegno al Maestro degli Ufizi, e Teodosio acccosentì all’assassinamento dell’invincibile suo nemico. Ma svanì questa perfida cospirazione per la dissimulazione o pel pentimento d’Edecone, e quantunque potesse esagerare l’interna sua ripugnanza pel tradimento, ch’egli pareva approvare, destramente si procurò il merito d’una opportuna e volontaria confessione. Ora se vogliamo esaminar l’ambasceria di Massimino e la condotta d’Attila, dobbiamo applaudire a quel Barbaro, che rispettò le leggi
- ↑ Il Tillemont ha dato molto esattamente la serie dei Ciamberlani, che regnarono in nome di Teodosio. Crisafio fu l’ultimo, e secondo l’unanime testimonianza dell’Istoria, il più cattivo di questi favoriti (Vedi Hist. des Emper. Tom. VI. p. 117-119. Mem. Eccl. Tom. XV. p. 438). La parzialità, che aveva per l’Eresiarca Eutiche, suo compare, l’impegnò a perseguitare il partito cattolico.