396 |
storia della decadenza |
|
gavano a fermarsi, ad affrettar la sua marcia, o a deviare dalla strada maestra, secondo che meglio si attagliava al comodo del Re. I Romani che traversarono le pianure dell’Ungheria, crederono di passare vari fiumi navigabili o in canotti, o in battelli portatili; ma v’è motivo di sospettare, che il tortuoso corso del Teiss o del Tibisco si presentasse loro in diversi luoghi sotto vari nomi. Dai vicini villaggi ricevevano una copiosa e regolar quantità di provvisioni, cioè idromele invece di vino, miglio in luogo di pane, ed un certo liquore chiamato Camus, che secondo la descrizione di Prisco, era stillato dall’orzo1. Tal nutrimento pareva forse grossolano e non delicato a persone assuefatte al lusso di Costantinopoli: ma nei loro accidentali bisogni furono aiutati dalla gentilezza ed ospitalità di quegli stessi Barbari, che erano così terribili e senza pietà nella guerra. Gli Ambasciatori si erano attendati sulla riva di una gran palude. Una violenta tempesta di vento e di pioggia, di tuoni e di fulmini rovesciò le lor tende, gettò il lor bagaglio ed i loro arnesi nell’acqua, e disperse i loro famigliari, che andavano errando nell’oscurità della notte incerti della strada, in cui si trovavano, e timorosi di qualche incognito pericolo, finattantochè risvegliarono con le lor grida gli abitanti d’un vicino villaggio, che ap-
- ↑ Gli Unni continuavano tuttavia a disprezzare i lavori dell’agricoltura; essi abusavano del privilegio di una nazione vittoriosa; ed i Goti, loro industriosi sudditi, che coltivavano la terra, temevano la lor vicinanza come quella di tanti lupi rapaci (Prisco p. 45). Nell’istessa guisa i Sarti ed i Tadgici provvedono alla propria lor sussistenza, ed a quella dei Tartari Usbecchi, lor oziosi e rapaci Sovrani. Vedi Ist. Genealog. dei Tartari p. 423, 456 ec.