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386 | storia della decadenza |
capaci di difendere i loro sudditi da’ pubblici nemici, e che non volevano affidar loro le armi per la propria difesa; l’intollerabile peso delle imposizioni rendute viepiù oppressive dalle intrigate o arbitrarie maniere d’esigerle; l’oscurità delle numerose leggi fra loro contraddittorie; le lunghe e dispendiose formalità dei processi giudiziali; la parziale amministrazione della giustizia; e l’universal corruzione, che accresceva la potenza del ricco, ed aggravava le disgrazie del povero. Si risvegliò finalmente nel cuore del fortunato esule un sentimento di patriotica simpatia; e compiangeva con gran copia di lagrime la colpa o la debolezza di que’ Magistrati, che avevano pervertite le leggi più salutevoli e savie1.
[A. 446] La timida o interessata, politica de’ Romani occidentali aveva abbandonato agli Unni l’Impero d’Oriente2. Alla perdita degli eserciti, ed alla mancanza di disciplina o di valore non suppliva il personal carattere del Monarca. Teodosio poteva sempre affettare lo stile non meno che il titolo d’Invincibile Augusto; ma fu ridotto ad implorar la clemenza d’Attila, che imperiosamente dettò queste umilianti e dure condizioni di pace. I. L’imperator dell’Oriente cedè per un’espressa o tacita convenzione un importante e vasto paese, che s’estendeva lungo le rive meridionali del Danubio, da Singiduno o Belgrado fino a Nove nella Diocesi della Tracia. Ne fu definita la larghezza