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dell'impero romano cap. xxxiii. | 357 |
costumi; ma l’empio loro disprezzo de’ Monaci e l’uso sfacciato di non naturali piaceri sono le due abbominazioni, ch’eccitano la pia veemenza di Salviano predicatore di quel tempo1. Il Re de’ Vandali riformò severamente i vizi d’un Popolo voluttuoso, e l’antica, nobile, ingenua libertà di Cartagine (tali espressioni di Vittore non mancano d’energia) fu ridotta da Genserico ad uno stato d’ignominiosa servitù. Dopo d’aver permesso alle licenziose sue truppe di saziare il furore e l’avarizia loro, introdusse un più regolar sistema di rapina e d’oppressione. Fu promulgato un editto, che ordinava a tutti di consegnare senza frode o dilazione l’oro, l’argento, le gioie, ed ogni arnese o adornamento di valore, che avevano, a’ Ministri Regi, ed il tentativo di nascondere qualche parte del lor patrimonio era inesorabilmente punito con la morte e co’ tormenti, come un atto di perfidia contro lo Stato. Furono esattamente misurate e divise fra’ Barbari le addiacenti parti della Numidia e della Getulia2.
Egli era ben naturale, che Genserico odiasse quelli che aveva ingiuriato: la nobiltà ed i Senatori di Car-
- ↑ Ei dichiara che i vizi particolari d’ogni paese erano raccolti nella sentina di Cartagine (l. VII. p. 257). Gli Affricani s’applaudivano del maschio loro vigore nell’esercizio de’ vizi. Et illi se magis virilis fortitudinis esse crederent, qui maxime viros foeminei usus probrositate fregissent p. 268. Le strade di Cartagine eran contaminate da effemminati miserabili, che pubblicamente prendevano l’aria, le vesti ed il carattere di donne. (p. 264). Se compariva un Monaco nella città, il sant’uomo veniva oltraggiato con empio disprezzo e derisione, detestantibus ridentium cacchinis p. 289.
- ↑ Si paragoni Procopio, de Bell. Vandal. lib. 1. c. 5. p. 189, 190 con Vittore Vitense, de persecut. Vandal. l. 1. c. 4.