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dell'impero romano cap. xxxii 313

sicurata la verità. Siccome questo è senza esempio nell’istoria del Mondo, possiamo giustamente esigere, che sia provato con la positiva e concorde testimonianza de’ contemporanei. La stravagante novità del fatto, ch’eccita la nostra diffidenza, avrebbe dovuto invitarli a farne menzione; e l’universale silenzio loro distrugge la vana tradizione de’ secoli seguenti.

[A. 408-415] Se le regole della Giurisprudenza Romana si potessero propriamente dal patrimonio privato trasferire al dominio pubblico, esse avrebbero attribuito all’Imperatore Onorio la tutela del suo nipote, finattantochè almeno esso non fosse giunto all’età di quattordici anni. Ma la debolezza d’Onorio, e le calamità del suo Regno lo rendevano incapace di sostenere questo suo natural diritto; ed era tale l’assoluta separazione delle due monarchie, tanto nell’interesse quanto nell’affetto, che Costantinopoli avrebbe con minor ripugnanza obbedito agli ordini della Corte Persiana, che a quelli della Corte d’Italia. Sotto un principe, la debolezza del quale è coperta dagli esterni segni di virilità e di discrezione, i più indegni favoriti possono segretamente contendersi l’impero del palazzo, e dettare alle sottomesse Province gli ordini d’un padrone, ch’essi dirigono e disprezzano. Ma i Ministri d’un fanciullo, ch’è incapace d’armarli con la forza del nome reale, debbono acquistare ed esercitare un’autorità indipendente. Gli Uficiali maggiori dello Stato e della milizia, ch’erano stati eletti avanti la morte d’Arcadio, formavano un’aristocrazia, che avrebbe potuto inspirar loro l’idea d’una libera repubblica; ed il governo dell’Impero Orientale fu per fortuna preso dal Prefetto Antemio1, che ottenne per la grande sua abilità un

  1. Socrate l. VIII. c. 1. Antemio era nipote di Filippo, uno