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312 | storia della decadenza |
L’istorico Procopio1 in vero ha illuminato la mente dello spirante Imperatore con un raggio d’umana prudenza, o di saviezza celeste. Arcadio riflettè con sollecita previdenza all’infelice stato del suo figlio Teodosio, che non aveva più di sette anni; alle pericolose fazioni d’una minorità; allo spirito intraprendente di Jesdegerde Re della Persia. Invece di tentare la fedeltà d’un ambizioso suddito con la partecipazione del supremo potere, arditamente affidossi alla magnanimità d’un Re; e pose, per mezzo d’un solenne testamento, lo scettro dell’Oriente nelle mani di Jesdegerde medesimo. Il real Tutore accettò e corrispose a tal onorevole fiducia con una fedeltà senza esempio; e l’infanzia di Teodosio fu protetta dalle armi e dai consigli della Persia. Questo è il singolar racconto di Procopio; ed Agatia2 non pone in dubbio la sua veracità; mentre osa dissentire dal suo giudizio, ed accusar la saviezza d’un Imperatore cristiano, che sì temerariamente, quantunque con tal fortuna, affidò il proprio figlio ed i suoi Stati alla non conosciuta fede d’uno straniero, d’un rivale e d’un pagano. Alla distanza di cento cinquant’anni potè agitarsi questa politica questione nella Corte di Giustiniano; ma un prudente Istorico ricuserà d’esaminare la convenienza del Testamento d’Arcadio, finattantochè non ne sia as-
- ↑ Procop. de Bello Persic. l. I. c. 2. p. 8 edit. Louvre.
- ↑ Agatia (l. IV. p. 136, 137) quantunque confessi l’esistenza di tal tradizione, asserisce, che Procopio fu il primo, che la scrivesse. Il Tillemont (Hist. des Emper. T. VI. p. 597) ragiona molto sensatamente sul merito di questa favola. La sua critica non era ristretta da alcuna Ecclesiastica autorità: sì Procopio che Agatia erano mezzo pagani.