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storia della decadenza |
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teva solo esser utile alle frontiere dell’Imperio, diede orecchio alla giusta richiesta, del Ministro d’Arcadio; dichiarò la sua intenzione di ricondurre in persona le truppe Orientali; e si servì destramente del rumore d’un tumulto Gotico per coprire i suoi privati disegni d’ambizione e di vendetta1. L’anima rea di Ruffino si pose in agitazione all’avvicinarsi d’un guerriero e d’un rivale, di cui meritava l’inimicizia; vide con gran terrore lo stretto spazio di vita e di grandezza che gli restava; ed interpose l’autorità dell’Imperatore Arcadio, come l’ultima speranza di salute. Stilicone, il quale pare che dirigesse la sua marcia lungo la costa marittima dell’Adriatico, non era molto distante dalla città di Tessalonica, quando ricevè un ordine perentorio, che richiamava le truppe dell’Oriente, e dichiarava che un ulteriore avvicinamento di lui si sarebbe risguardato dalla Corte di Bisanzio come un atto di ostilità. La pronta ed inaspettata ubbidienza del Generale dell’Occidente convinse il volgo della sua fedeltà e moderazione, e siccome s’era già conciliato l’affetto delle truppe Orientali, raccomandò al loro zelo l’esecuzione del suo sanguinoso disegno, che eseguir si poteva nella sua assenza forse con minor pericolo e rimprovero. Stilicone lasciò il comando della milizia d’Oriente a Gaina, Goto, sulla fede del quale stabilmente si riposava, con la sicurezza almeno, che l’audace Barbaro non avrebbe mai deviato dal suo
- ↑ La marcia di Stilicone e la morte di Ruffino son descritte da Claudiano (in Ruffin. l. II. 101-453), da Zosimo l. V. p. 296. 297), da Sozomeno (l. VIII. c. 1), da Socrate (VI. c. 1), da Filostorgio (l. XI. c. 3 col Gotofredo p. 441) e dalla Cronica di Marcellino.