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dell'impero romano cap. xxxii |
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al primo attacco nemico; i tremanti abitatori fuggirono da un sanguinoso macello alle rive dell’Ellesponto; ed una considerabil parte dell’Asia Minore fu desolata dalla ribellione di Tribigildo. Il rapido suo progresso fu impedito dalla resistenza de’ contadini di Panfilia; e gli Ostrogoti, attaccati in un angusto passo fra la città di Selge1, un profondo pantano, e le scoscese alture del monte Tauro, furon disfatti con la perdita delle loro truppe più prodi. Ma lo spirito del loro Capo non fu domato dalla disgrazia, ed il suo esercito veniva continuamente accresciuto da sciami di Barbari, e di banditi, che desideravano esercitare la professione della ruberia sotto i più onorevoli nomi di guerra e di conquista. I romori del buon successo di Tribigildo poterono per qualche tempo sopprimersi dal timore, o mascherarsi dall’adulazione; ma appoco appoco posero in agitazione la Corte e la Capitale. Ogni disgrazia veniva esagerata con oscuri e dubbiosi cenni, ed i futuri disegni de’ ribelli divennero il soggetto di ansiose congetture. Ogni volta che Tribigildo avanzavasi verso l’interno del paese, i Romani erano inclinati a supporre, ch’ei meditasse di passare il monte Tauro, e d’invader la Siria. Se discendeva verso il mare, attribuivano, e forse anche suggerivano al Capitano Gotico il più pericoloso progetto d’armare una flotta ne’ porti della Jonia e di estendere le sue devastazioni lungo le coste marittime, dalla bocca del Nilo fino al porto di Costantinopoli.
- ↑ Selgae, colonia de’ Lacedemoni, aveva anticamente numerato ventimila cittadini; ma al tempo di Zosimo era ridotta ad una πολιχνη, o piccola città. Vedi Cellar., Geogr. antiq. Tom. II. p. 117.