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dell'impero romano cap. xxxii 285

segue l’Imperatore) quantunque dovrebbero essi partecipare la pena dei loro genitori, giacchè probabilmente ne imiteranno la colpa, ciò non ostante, per uno speciale effetto della nostra Imperial clemenza, noi accordiamo loro la vita. Ma nel tempo stesso gli dichiariamo incapaci di esser eredi, tanto dal lato del padre che della madre, o di ricever alcun dono o legato dal testamento sì dei congiunti che degli estranei. Segnati con ereditaria infamia, esclusi dalla speranza di onori o di fortuna, si lascino in abbandono alle angustie della povertà e del disprezzo, in maniera che risguardin la vita come una calamità, e la morte come un conforto o sollievo„. Con tali parole, sì bene adattate ad insultare i sentimenti del genere umano, l’Imperatore, o piuttosto il suo favorito Eunuco applaudiva la moderazione d’una legge, che estendeva le medesime inumane ed ingiuste pene ai figli di tutti quelli, che avevano secondato, o che non avevano scoperto quelle fittizie cospirazioni. Si è tollerato che vadano in dimenticanza varie delle più nobili regole della Giurisprudenza Romana; ma questo editto, utile e potente macchina della ministerial tirannia, fu premurosamente inserito nei codici Teodosiano e Giustiniano, e nei tempi moderni si son risuscitate le stesse massime a proteggere gli Elettori della Germania, ed i Cardinali della Chiesa di Roma1.

[A. 399] Ma queste sanguinarie leggi, che sparsero il terrore in un disarmato e scoraggito Popolo, erano di troppo

  1. Gotofredo Tom. III. p. 89. Si è però supposto che questa legge, così ripugnante alle massime della libertà Germanica, sia stata aggiunta per frode alla Bolla d’Oro.