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tura nelle più illustri Città, e sotto gli occhi dei Magistrati, quando erano già chiusi all’Idolatria1 da Graziano, Valentiniano, e Teodosio; e ciò senza autorità, anzi contro l’espresso divieto2 di quegl’Imperatori medesimi, che consultavano? Che se ciò si pretende tuttavolta non solo verisimile, ma di fatti avvenuto; altro ci vuole che le Libaniane invettive del Sig. Gibbon a dimostrarlo.

Ma i più malmenati, pur mio avviso, da questo Storico sono i due Santi Marcello Apamiense, e Martino di Tours, sopra i quali vanno principalmente a cadere i titoli di Entusiasti, e di motori della rapina. Marciava, egli dice del primo, una copiosa truppa di soldati e di gladiatori sotto l’Episcopale stendardo alla distruzione dei magnifici tempj della diocesi di Apamea, e dovunque temevasi qualche pericolo, il campion della fede, che per essere storpiato non poteva fuggir, nè combattere, si poneva ad una conveniente distanza oltre la portata dei dardi. Qui non si parla, come vedete, di permissione ottenuta da Cesare, e non si accenna altro mezzo usato dal S. Vescovo, nella distruzione di tanti tempj magnifici se non se quello dei soldati e dei gladiatori. Teodoreto però3 fa espressa testimonianza della prima, dicendo, che egli era οπλω του νομου χρησαμενος Legis praesidio munitus: e smentisce in secondo luogo l’esagerata impostura del Critico4 soggiungendo, che quel grand’uomo = fana

  1. LL. 7. et 11. Cod. Theod. Tit. cit.
  2. LL. 15, 18, 19. C. Theod. T. cit.
  3. II. Eccl. Lib. 5. C. 21.
  4. Teodor. ivi = ipse vero frontem silo affixam habens Clementem Dominum orabat etc.