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dell'impero romano cap. xxix. | 17 |
stata condotta questa cospirazione contro Ruffino, impresse un indelebile nota di ridicolo sopra il carattere d’un ministro, che s’era lasciato ingannare in un posto, in cui le arti dell’inganno e della dissimulazione formano il merito più segnalato. Ei risguardò, con isdegno e con timore, la vittoria d’un ambizioso Eunuco, il quale s’era segretamente conciliato il favore del suo Sovrano; e la disgrazia della propria figlia, l’interesse della quale era inseparabilmente connesso col proprio, ferì la tenerezza o almeno la vanità di Ruffino. Nel momento, in cui si lusingava di divenire il padre d’una serie di Re, una fanciulla straniera, che era stata educata in casa degl’implacabili suoi nemici, fu introdotta nel talamo Imperiale; ed Eudossia dimostrò ben tosto una superiorità di senso e di spirito, che accrebbe l’ascendente, cui la sua bellezza dovè acquistare sull’animo d’un appassionato e giovane marito. L’Imperatore in breve fu indotto ad odiare, a temere, e a distruggere il potente suddito, che aveva ingiuriato; e la coscienza del delitto privò Ruffino d’ogni speranza di salute o di conforto nel ritiro d’una vita privata. Ma egli aveva sempre in mano mezzi più efficaci di difendere la propria dignità, e forse d’opprimere i suoi nemici. Il Prefetto esercitava tuttora un’autorità senza contrasto sul governo civile e militare dell’Oriente; ed impiegar potea i suoi tesori (se si fosse potuto risolvere a farne uso) a procacciar gl’istrumenti più propri per eseguire i più neri disegni, che l’orgoglio,
Cristiani orientali; e la sposa era condotta per forza dalla casa de’ proprj parenti a quella del marito. La forma del matrimonio, che usiamo noi, esige con minor delicatezza il pubblico ed espresso consenso d’una vergine.