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dell’impero romano cap. xxxi. |
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e della vittoria, io (disse Adolfo) aspirai una volta a mutar la faccia dell’Universo, a cancellare il nome di Roma, ad innalzar sulle rovine di essa il dominio de’ Goti, e ad acquistar, come Angusto, l’immortal fama di fondatore d’un nuovo Impero. Ma dalla replicata esperienza appoco appoco restai persuaso, che sono essenzialmente necessario le leggi per mantenere e regolare uno Stato ben costituito; e che la fiera intrattabile indole dei Goti era incapace di portare il salutar giogo delle leggi e del governo civile. Da quel momento dunque io mi proposi un oggetto diverso d’ambizione e di gloria; e presentemente quel, che io sinceramente desidero, è che la gratitudine dei secoli futuri possa riconoscere il merito d’uno straniero, che impiegò il ferro dei Goti non già per distruggere, ma per restaurare e conservare la prosperità dell’Imperio Romano1„. Con queste pacifiche mire il successor d’Alarico sospese le operazioni della guerra; e seriamente intraprese un trattato d’amicizia e d’alleanza con la Corte Imperiale. Era interesse dei Ministri d’Onorio, ch’erano allora sciolti dall’obbligazione dello stravagante lor giuramento, di liberare l’Italia dall’intollerabile peso delle truppe dei Goti; e questi volentieri accettarono di militare contro i tiranni ed i Barbari, che infestavano le Province oltre le alpi2.
- ↑ Orosio l. VII. c. 43, p. 584, 585. Ei fu mandato da S. Agostino l’anno 415, dall’Affrica in Palestina, per visitar S. Girolamo, e consultare con esso intorno alla controversia Pelagiana.
- ↑ Giornandes suppone, senza molta probabilità, che Adolfo per la seconda volta visitasse e saccheggiasse Roma (more locustarum erasit.). Pure s’accorda con Orosio nel credere che