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dell’impero romano cap. xxxi. 189

qualche disordine della mente o del corpo1. Un antico ed appassionato attaccamento lo determinò a porre l’umile sua abitazione in uno dei sobborghi di Nola, vicino al sepolcro miracoloso di S. Felice, che la pubblica devozione aveva già circondato di cinque grandi e frequentate Chiese. Gli avanzi del suo patrimonio e del suo ingegno furono consacrati al servizio del glorioso Martire, di cui Paolino giammai non mancò di celebrar le lodi con un Inno solenne, il giorno della sua festa, ed in nome del quale eresse una sesta Chiesa di maggior eleganza e bellezza, che fu decorata con molte curiose pitture, tratte dall’istoria del vecchio e del nuovo Testamento. Uno zelo sì assiduo gli cattivò il favore del Santo2, e dopo quindici anni di ritiro, il Console Romano fu costretto ad accettare il Vescovato di Nola, pochi mesi avanti che la città fosse investita dai Goti. Durante l’assedio, alcuni devoti si persuasero di aver veduto, o in sogno o in visione, la divina forma del tutelare lor Santo; tuttavia l’evento ben presto fe’ manifesto che Felice mancava di potere o di buon volere per salvare il gregge di cui era stato pastore. Non evitò la generale devastazione3; ma il Vescovo, fatto schiavo, restò difeso

  1. Vedi le affezionate lettere d’Ausonio (Epist. 19-25 p. 650-698 ed. Toll.) al suo Collega, amico, e discepolo Paolino. La religione d’Ausonio è tuttora un problema (Vedi Memoir. de l’Acad. des Inscript T. XV. p. 123-138). Io credo che tale fosse anche al suo tempo, e per conseguenza che nel suo cuore fosse Pagano.
  2. L’umile Paolino una volta ebbe la presunzione di dire ch’egli credeva che San Felice lo amasse; almeno come un padrone ama il suo cagnolino.
  3. Vedi Giornandes, de reb. Get. c. 30. p. 653. Filostorgio