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dell’impero romano cap. xxxi. 181

che il fuoco difficilmente potea consumare l’enormi travi di bronzo massiccio, e che la forza umana non era sufficiente a distruggere i fondamenti delle antiche fabbriche. Può forse contenersi qualche verità nella sua devota asserzione, che l’ira del Cielo supplì all’imperfezione del furore ostile; e che il superbo Foro di Roma, decorato dalle statue di tanti Numi ed Eroi, fu da un colpo di fulmine ridotto al suolo1.

Per quanto fosse grande il numero di quelli dell’ordine Equestre e Plebeo, che perirono nel saccheggio di Roma, francamente si assicura che un solo Senatore perdè la vita pel ferro nemico2. Ma non era facile numerare la moltitudine di quelli, che da

    ed esagerata. Il Bargeo ha fatta una dissertazione a posta (vedi Tom. IV. Antiq. Rom. Grev.) per provare che gli edifizi di Roma non furon distrutti dai Goti e dai Vandali.

  1. Oros. l. II c. 19. p. 143. Ei parla come se disapprovasse tutte le statue, che vel Deum vel hominem mentiuntur. Esse rappresentavano i Re d’Alba e di Roma, incominciando da Enea, i Romani illustri o nelle armi o nelle arti, ed i Cesari divinizzati. L’espressione Forum, ch’egli usa, è alquanto ambigua, poichè v’erano cinque Fori principali; ma siccome erano tutti contigui ed addiacenti nella pianura che è circondata da’ colli Capitolino, Quirinale, Esquilino e Palatino, potrebbero giustamente considerarsi come uno. Vedi Roma antiqua di Donato p. 162-201, e Roma antica del Nardini p. 212-273. La prima è più utile per le descrizioni antiche, e l’altra per l’attuale topografia.
  2. Orosio (l. II. c. 19. p. 142) paragona la crudeltà dei Galli con la clemenza dei Goti. Ibi vix quemquam inventum Senatorem, qui vel absens evaserit, hic vix quemquam requiri, qui forte ut latens perierit. Ma in quest’antitesi si vede un’aria di rettorica e forse di falsità; e Socrate (l. VII. c. 10) afferma, forse con altrettanta esagerazione al contrario, che furono uccisi molti Senatori con vari e squisiti tormenti.