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dell'impero romano cap. xxix. 9

putata alle perfide arti di Ruffino1. Il sacrifizio di un Eroe soddisfece la sua vendetta; gli onori del Consolato elevaron la sua vanità; ma la sua potenza era sempre imperfetta e precaria; finattantochè gli importanti posti di Prefetto dell’Oriente e di Prefetto di Costantinopoli furon occupati da Taziano2 a da Procolo suo figlio; l’autorità unita dei quali bilanciò per qualche tempo l’ambizione e il favore del Maestro degli Uffizi. I due Prefetti furono accusati di rapina e di corruzione nell’amministrazione della giustizia e delle finanze. L’Imperatore costituì una speciale deputazione per fare il processo di quest’illustri delinquenti; furono eletti vari giudici ad aver parte nel delitto e nel rimorso dell’ingiustizia, ma il diritto di pronunziar la sentenza fu riservato al solo Presidente, e questi fu Ruffino medesimo. Il padre, spogliato della Prefettura dell’Oriente, fu cacciato in una prigione; ma il figlio, sapendo che pochi sono i ministri che si possano trovare innocenti, allorchè un nemico è loro giudice, era segretamente fuggito; e Ruffino avrebbe dovuto contentarsi della vittima meno colpevole, se il dispotismo non si fosse piegato ad usare il più basso e vile artifizio. Il processo fu fatto con tale apparenza d’equità e di moderazione, che lusingò Taziano della speranza

  1. Zosimo l. IV. p. 272, 273.
  2. Zosimo, che descrive la caduta di Taziano e del suo figlio (l. V. p. 273, 274), asserisce la loro innocenza; e può anche la sua testimonianza preponderare alle accuse dei loro nemici (Cod. Teod. T. IV. p. 489) che gli accusano d’aver oppresso le Curie. La connessione, ch’ebbe Taziano con gli Arriani, quando fu Prefetto d’Egitto (an. 373), fa inclinare il Tillemont a credere, che fosse reo d’ogni delitto. Hist. des Emp. Tom. V. p. 360 Mem. Eccl. Tom. VI. p. 589.