Nell’esercizio delle sue varie funzioni, tanto essenzialmente connesse con tutto il sistema del governo civile, acquistò la confidenza di un Monarca, che presto conobbe la sua diligenza e capacità negli affari, e che rimase lungo tempo nell’ignoranza dell’orgoglio, della malizia e dell’avidità, a cui esso era disposto. Si nascondevano questi vizi sotto la maschera di una grandissima dissimulazione1; le passioni di lui non servivano che a quelle del suo Signore: pure nell’orrida strage di Tessalonica il crudel Ruffino infiammò il furore, senz’imitare il pentimento di Teodosio. Il Ministro, che rimirava con altiera indifferenza il resto dell’uman genere, non perdonò mai neppure l’apparenza di un’ingiuria; ed i suoi personali nemici avevan perduto secondo lui il merito di tutti i servigi pubblici. Promoto, Generale dell’infanteria, avea salvato l’Impero dall’invasione degli Ostrogoti; ma di mal animo soffriva la superiorità di un rivale, di cui sprezzava la professione e il carattere; e l’impaziente soldato in mezzo ad una pubblica assemblea fu provocato a punir con un colpo l’indecente orgoglio del favorito. Si rappresentò all’Imperatore quest’atto di violenza come un insulto, che alla sua dignità toccava di castigare. Si seppe la disgrazia e l’esilio di Promoto per mezzo di un ordine perentorio di portarsi senza dilazione ad un quartier militare sulle rive del Danubio; e la morte di quel Generale (quantunque restasse ucciso in una scaramuccia coi Barbari) fu im-
- ↑ Un passo di Suida esprime la sua profonda dissimulazione; Βαθυγνωμων αυθρωπος και κρυψὶνος; uomo taciturno e cupo.