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dell'impero romano cap. xxxi. 127

eccedevano la proporzione delle moderne ricchezze, non si ristringevano dentro i confini dell’Italia. Le loro possessioni estendevansi molto al di là del mare Jonio e dell’Egeo fino alle più distanti Province: la città di Nicopoli, fondata da Augusto come un eterno monumento della vittoria d’Azio, era la proprietà della devota Paola1, e Seneca osserva, che i fiumi, che avevano già diviso nazioni fra loro nemiche, scorrevano allora dentro le terre di cittadini privati2. Le

    respettive loro Preture, chi dodici, chi venti, e chi quaranta centenari (o cento libbre d’oro). Vedi Olimpiodoro, ap Fozio, p. 197. Tale stima popolare ammette qualche estensione; ma è difficile spiegare una legge nel Codice Teodosiano (Lib. VI. Tit. 4. leg. 5.) che determina la spesa del primo Pretore a 25000 folli, del secondo a 20000, e del terzo a 15000. Il nome di follis (Vedi Mem. dell’Accad. delle Inscriz., Tom XXVIII. p. 727) si dava tanto ad una somma di 125 monete d’argento, che ad una piccola moneta di rame, ch’era 1/2625 di quella somma. Nel primo senso i 25000 folli sarebbero stati 150000 lire sterline: nel secondo solamente cinque o sei. L’uno sembra stravagante, l’altro è ridicolo. Bisogna che ve ne fosse una terza specie d’un valor medio, di cui s’intende di parlare in questo luogo; ma nel linguaggio delle leggi la ambiguità è una mancanza inescusabile.

  1. „Nicopolis... in Actiaco littore, sita possessionis vostrae, nunc pars vel maxima est„: Girolam. in praef. Comm. ad Epistol. ad Tit., Tom. IX. p. 243. Il Tillemont suppone assai stranamente, che questa fosse una parte dell’eredità di Agamennone. (Mem. Eccl., tom. XII. pag. 85).
  2. Seneca, Ep. 89. Il suo stile è declamatorio; ma v’è appena declamazione, che possa esagerare l’avarizia ed il lusso de’ Romani. Il Filosofo stesso meritava qualche specie di rimprovero, se è vero, che la sua rigorosa esazione dei quadringenties (cioè più di trecentomila lire sterline) che