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116 | storia della decadenza |
medesima ora, e come per mezzo d’un segnale comune, le città dell’Italia furon macchiate dalle stesse orride scene di universale strage e saccheggio, che produsse la distruzione delle famiglie insieme e de’ beni de’ Barbari. Esacerbati questi da tal ingiuria, che avrebbe potuto scuotere i più torpidi e servili spiriti, gettaron un’occhiata di sdegno e di speranza verso il campo d’Alarico, e concordemente giurarono di perseguitare con giusta ed implacabile guerra quella perfida nazione, che aveva sì vilmente violato le leggi dell’ospitalità. Per l’imprudente condotta de’ Ministri d’Onorio la Repubblica perdè l’assistenza, e meritò l’inimicizia di trentamila de’ suoi più bravi soldati; ed il peso di tal formidabile armata, che sola avrebbe potuto determinar l’evento della guerra, passò dalla bilancia de’ Romani in quella de’ Goti.
[A.408] Nelle arti della negoziazione ugualmente che in quello della guerra il Re Goto godeva un superiore ascendente sopra un nemico, le apparenti variazioni del quale nascevano dalla total mancanza di consiglio e di mire. Alarico, dal suo campo ne’ confini dell’Italia, attentamente osservava le rivoluzioni del Palazzo, spiava il progresso della fazione e della malcontentezza, mascherava l’ostile aspetto d’un Barbaro invasore, e prendeva la più popolare apparenza d’un amico ed alleato del grande Stilicone, alle virtù del quale, quando non erano più per lui formidabili, poteva dare un giusto tributo di sincera lode e rammarico. Il pressante invito de’ malcontenti, che sollecitavano il Re de’ Goti ad invader l’Italia, acquistò maggior forza da un vivo sentimento delle personali sue ingiurie; ed aveva la speciosa occasion di dolersi, che i Ministri Imperiali sempre differivano ed eludevano il paga-