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102 storia della decadenza

stenute dall’autorità di Stilicone, ed ottennero, dopo un forte contrasto, la ripugnante approvazione del Senato. Si acchetò il tumulto della libertà e del valore, e fu accordata, sotto nome di sussidio, la somma di quattrocento libbre d’oro per assicurar la pace dell’Italia, e conciliar l’amicizia del Re dei Goti. Lampadio solo, uno dei più illustri membri di quell’assemblea, continuò a persistere nel suo sentimento; esclamò ad alta voce: „questo non è un trattato di pace, ma di servitù1„ ed evitò il pericolo d’un’opposizione sì audace con ritirarsi immediatamente nell’asilo d’una Chiesa Cristiana.

[A. 408] Ma il regno di Stilicone andava a finire, ed il superbo Ministro potè ravvisare i segni della sua imminente disgrazia. S’era fatto applauso al generoso ardir di Lampadio; ed il Senato, che aveva con tanta pazienza tollerato una lunga servitù, rigettò sdegnosamente l’offerta d’un’odiosa ed immaginaria libertà. Le truppe, che sempre assumevano il nome e le prerogative di legioni Romane, erano inasprite dal parziale affetto di Stilicone pei Barbari; ed il popolo imputava alla cattiva politica del Ministro le pubbliche disgrazie, che erano la natural conseguenza della propria degenerazione. Pure Stilicone avrebbe potuto continuare a sprezzare i clamori del popolo, ed ancor dei soldati, se avesse potuto mantenere il proprio dominio sulla debole mente del suo pupillo. Ma il rispettoso attaccamento d’Onorio si convertì in timore,

  1. Zosimo (l. V. p. 338, 339) ripete le parole di Lampadio, come dette in Latino, non est ista pax, sed pactio servitutis, e quindi le traduce in Greco per comodo dei suoi lettori.