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dell'impero romano cap. xxx. 101

inspirati più dal coraggio, che dalla saviezza dei loro predecessori. Altamente dichiararono in regolari discorsi, o in tumultuarie acclamazioni, ch’era indegno della Maestà di Roma il comprare una precaria e disonorevole tregua da un Re Barbaro, e che, a giudizio d’un magnanimo popolo, sempre il rischio della rovina era preferibile alla certezza del disonore. Il Ministro, le pacifiche intenzioni del quale non erano secondate che dalle voci di pochi servili e venali seguaci, tentò di mitigare il general fermento per mezzo d’un’apologia della sua condotta, ed anche delle richieste del Principe Gotico. „Il pagamento d’un sussidio (tale fu il linguaggio di Stilicone) che aveva eccitato lo sdegno dei Romani, non doversi risguardare nell’odioso aspetto o d’un tributo, o d’una taglia, che venga estorta dalle minacce d’un Barbaro nemico. Avere Alarico fedelmente sostenuto le giuste pretensioni della Repubblica sopra le Province, che s’erano usurpate dai Greci di Costantinopoli; egli modestamente chiedere la bella convenuta ricompensa de’ suoi servigj; e se avea desistito dal proseguire l’impresa, ritirandosi, aveva obbedito alle perentorie, quantunque private, lettere dell’Imperatore medesimo. Questi ordini contraddittorj (non voleva egli dissimulare gli errori della sua propria famiglia) s’erano procurati dall’intercession di Serena. La tenera pietà di sua moglie troppo era stata profondamente commossa dalla discordia dei fratelli reali, figli dell’adottivo padre di lei; ed i sentimenti della natura troppo facilmente avevan prevalso ai forti dettami del pubblico bene„. Queste speciose ragioni, che debolmente mascheravano gli oscuri intrighi del palazzo di Ravenna, furono so-