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dell'impero romano cap. xxv. 93

tiche ingiurie; fu permesso ai Regni dell’Armenia e dell’Iberia pel reciproco, sebbene tacito, consenso di ambi gl’Imperi di riprendere la dubbiosa loro neutralità; e nei primi anni del regno di Teodosio, giunse a Costantinopoli un’ambasceria Persiana per iscusare i mal giustificabili passi del precedente regno; e per offerire, come un tributo d’amicizia o anche di rispetto, uno splendido donativo di gemme, di seta e di elefanti dell’India1.

[A. D. 384] Nella general pittura degli affari Orientali sotto il regno di Valente, le avventure di Para formano uno degli oggetti più singolari e di maggior effetto. Il nobile Giovane, cedendo alle persuasioni d’Olimpia sua madre, era fuggito attraverso l’oste Persiana, che assediava Artogerassa, ed aveva implorato la protezione dell’Imperator dell’Oriente. Pei timidi suoi consigli, Para fu alternativamente sostenuto e richiamato, restituito ai suoi Stati, e tradito. Furono per qualche tempo eccitate le speranze degli Armeni dalla presenza del lor naturale Sovrano; ed i Ministri di Valente si persuadevano di mantenere l’integrità della fede pubblica, se non concedeva egli al suo vassallo di prendere il diadema ed il titolo di Re. Ma presto si pentirono della loro imprudenza. Restaron confusi dai rimproveri e dalle minacce del Monarca Persiano. Ebbero anche ragione di diffidare dell’indole crudele ed incostante di Para medesimo, che sacrificava le vite dei suoi sudditi più fedeli ai più tenui sospetti, e teneva una segreta e vergognosa corrispondenza col-

  1. Pacat. in Paneg. Vet. XII. 22. ed Oros. lib. VII. c. 34. Ictumque tum foedus est, quo universus Oriens usque ad nunc„ (an. 416) „tranquillissime fruitur.