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dell'impero romano cap. xxv. |
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Gioviano; e siccome avevano essi rinunziato solennemente alla sovranità ed alleanza dell’Armenia e dell’Iberia, quei tributari due regni si trovarono esposti senza protezione alle armi del Monarca Persiano1. Entrò Sapore nel territorio dell’Armenia, conducendo un formidabile esercito di corazze, di arcieri e d’infanteria mercenaria; ma era un invariabile suo costume il mescolare la guerra con la negoziazione, e risguardar la falsità e lo spergiuro, come gli istrumenti più efficaci della reale politica. Egli affettò di lodare la prudente e moderata condotta del Re d’Armenia; ed il non diffidente Tiranno si lasciò persuadere dalle replicate assicurazioni d’un’insidiosa amicizia a dar la propria persona in mano ad un infido e crudele nemico. In mezzo ad uno splendido convito fu posto in catene d’argento, quasi fosse un onore dovuto al sangue degli Arsacidi; e dopo una breve dimora nella Torre dell’Oblivione ad Ecbatana, fu liberato dalle miserie della vita per mezzo o del suo proprio pugnale, o di quello d’un assassino. Il regno dell’Armenia fu ridotto alla condizione d’una provincia Persiana; ne fu divisa l’amministrazione fra un nobile Satrapo, ed un favorito Eunuco; e Sapore senza indugio marciò a soggiogare il marziale spirito degli Iberi. Sauromace, che per concessione degl’Imperatori vi regnava, fu espulso dalla forza superiore; ed il
- ↑ È originale e decisiva la testimonianza d’Ammiano (XXVII 12). Si son consultati Mosè di Corene (l. III. c. 17. p. 249 e c. 24. p. 169), e Procopio (De Bell. Pers. l. I. c. 5. p. 17. Ed. Louvr.), ma bisogna far uso con diffidenza e cautela di quest’istorici, che confondono i fatti fra loro distinti, ripetono i medesimi avvenimenti, e v’inseriscono stravaganti racconti.