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tico subì la condanna? Perchè non far avvertire, che colui che parla di tortura in quell’occasione è Pacato, cioè a dire un ignorante, quantunque umano Politeista (per confessione fatta dal Sig. Gibbon senza tormenti), e che esso ne parla da Oratore ed in termini molto vaghi1; e per lo contrario Sulpizio rispetto alla confessione di Priscilliano, già pienamente convinto non ne fa motto: anzi scrive che tre persone, benchè più vili ante quaestionem2 manifestarono i proprj delitti, e quei dei compagni? Poteva ancora, e doveva avvertire scrivendo senza malizia, che Massimo stesso, inviando, per quanto sembra, il processo dei Manichei, com’egli chiama i Priscillianisti3, al Papa Siricio, senza parlar di tormenti, dà tanto peso alle lor confessioni, che non le stima soggette ad eccezione veruna4: e poteva e doveva finalmente osservare, che Leone Papa non fece uso sicuramente della tortura nei suoi diligentissimi esami: eppure non esitò di asserire pubblicamente nei suoi sermoni5 dei Manichei dei suoi tempi = Prosit universae Ecclesiae,

  1. Paneg. ad Theodos. C. 29. „Quin etiam cum (Episcopi) judiciis capitalibus adstitissent, cum gemitus, et tormenta miserorum auribus ac luminibus hausissent etc.„
  2. H. S. L. 2. §. 51.
  3. Vedi Calogerà Vol. 27. Bachiar. illustr. seu de Priscill. haeres.
  4. „Quid adhuc proxime proditum sit Manichaeos sceleris admittere non argumentis, neque suspicionibus dubiis vel incertis, sed ipsorum confessione, inter judicia prolatis, malo quod ex gestis ipsis tua sanctitas quam ex nostro ore cognoscas, quia hujuscemodi non modo facta turpia, verum etiam foeda dictu proloqui sine rubore non possumus„. Baron. Annal. T. 4. ad An. 387. p. 440.
  5. Serm. 6 de Epiph. C. 5.