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dell'impero romano cap. xxviii. |
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malattie di settantatre degli astanti. I compagni di Stefano restarono nella pacifica lor residenza di Cafargamala, ma le reliquie del primo martire si trasportarono con solenne processione ad una Chiesa, eretta in onor loro sul monte Sion; e si conobbe in quasi tutte le Province del Mondo Romano, che ogni piccola particella di quelle reliquie, come una goccia di sangue1 o la raschiatura di un osso, godeva una divina e miracolosa virtù. Il grave e dotto Agostino2, l’ingegno del quale appena può ammettere la scusa della credulità, ha riferito gl’innumerabili prodigi, che si fecero nell’Affrica dalle reliquie di S. Stefano; e questa maravigliosa narrazione è inserita nell’elaborata opera della Città di Dio, che il Vescovo d’Ippona produsse come una stabile ed immortal prova della verità della Religione Cristiana. Agostino solennemente dichiara d’avere scelto solo quei miracoli, che venivano pubblicamente assicurati dagl’individui, che furon gli oggetti o gli spettatori del potere del Martire. Molti ne furon omessi o dimenticati; ed Ippona era stata trattata meno favorevolmente delle altre città della Provincia. Eppure il Vescovo conta, nello spazio di due anni, e dentro i limiti della sua Diocesi3, più di settanta miracoli,
- ↑ A Napoli si liquefaceva ogni anno una boccetta del sangue di S. Stefano, fintantochè non gli successe quello di S. Gennaro: Ruinart Hist. Pers. Vandal. p. 529.
- ↑ Agostino compose i ventidue libri de Civitate Dei nello spazio di tredici anni, dal 413 al 426. (Tillemont Mem. Eccl. Tom. XIV. p. 608. ec.) Ei troppo spesso prende da altri la sua erudizione, e da se stesso i suoi argomenti: ma tutta l’opera ha il merito di un magnifico disegno, vigorosamente ed abilmente eseguito.
- ↑ Vedi Agostino (de Civ. Dei. l. XXII. c. 22.) e l’ap-