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386 | storia della decadenza |
stere, e le disperse migliaia di essi, che deploravano la rovina dei tempj, cederono senza contrasto alla fortuna dei loro avversari. Alla tumultuaria opposizione1, che fecero i villani della Siria, e la plebaglia d’Alessandria al furore del fanatismo privato, fu imposto silenzio dall’autorità e dal nome dell’Imperatore. I Pagani dell’Occidente, senza contribuire all’innalzamento d’Eugenio, disonorarono col parziale attaccamento loro la causa ed il carattere dell’usurpatore. Il Clero ardentemente esclamava, ch’egli aggravava il delitto della ribellione con quello dell’apostasia; che per licenza di lui erasi ristabilito l’altare della Vittoria; e che si spiegavano in campo gli idolatrici simboli d’Ercole e di Giove contro l’invincibil stendardo della Croce. Ma presto furon distrutte le vane speranze dei Pagani con la disfatta d’Eugenio; ed essi restarono esposti allo sdegno del vincitore, che si sforzava di meritare il favore celeste coll’estirpazione dell’Idolatria2.
[A. 390-420] Un popolo di schiavi è sempre pronto ad applaudire alla clemenza del suo Signore, che nell’abuso del potere assoluto non deviene all’ultime estremità dell’ingiustizia e dell’oppressione. Teodosio poteva senza dubbio aver proposto ai Pagani suoi sudditi l’alternativa del battesimo o della morte; e l’eloquente Libanio ha lodato la moderazione di un Principe, che non obbligò
- ↑ Libanio termina la sua apologia (p. 32.) con dichiarare all’Imperatore, che qualora egli espressamente non garantisca la distruzione dei tempj, i proprietari difenderanno se stessi e le leggi; ισθι του των αγρων δεσποτας καί αυτοις, καί τω νομω βοηθησοντας. „Sappi che i Signori delle campagne provederanno a se stessi ed alla legge„.
- ↑ Paolin. in. vit. Ambros. c. 26. Agostino de Civ. Dei l. V. c. 26. Teodoret. l. V. c. 24.