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dell'impero romano cap. xxviii. |
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del Nilo, le riccolte dell’Egitto e la sussistenza di Costantinopoli1.
La sede Archiepiscopale d’Alessandria in quel tempo2 era occupata da Teofilo3, perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e cattivo, le mani del quale furono alternativamente macchiate dal sangue e dall’oro. Si eccitò il religioso sdegno di lui dagli onori di Serapide; e gli insulti, che ei fece ad un’antica cappella di Bacco, persuasero i Pagani, che meditava un’impresa più importante e pericolosa. Nella tumultuaria capitale dell’Egitto il più leggiero incitamento serviva ad accendere una guerra civile. I devoti di Serapide, ch’eran molto inferiori in forza ed in numero a’ loro avversari, presero le armi, spinti dal filosofo Olimpio4, che gli esortò a morire in difesa degli altari degli Dei. Si fortificarono questi Pagani fanatici nel tempio o per meglio dire nella fortezza di Serapide; rispinsero gli assedianti per mezzo di valo-
- ↑ Libanio (pro Templis p. 21.) imprudentemente provoca i Cristiani, suoi Signori, con questa insultante osservazione.
- ↑ Noi possiamo scegliere fra la data di Marcellino, anno 389, e quella di Prospero anno 39l. 1l Tillemont (Hist. des Emp. Tom. V. p. 310. 756.) preferisce la prima, ed il Pagi la seconda.
- ↑ Tillemont, Mem. Eccl. Tom. XI. p. 441-500. L’ambigua situazione di Teofilo, ch’è un Santo, risguardato come amico di Girolamo, ed è un diavolo, come nemico di Grisostomo, produce una specie d’imparzialità; pure esaminato il tutto, la bilancia pende giustamente contro di lui.
- ↑ Lardner (Pagan. Tevimon. vol. IV. p. 411), ha addotto un bel passo di Suida, o piuttosto di Damasio, che presenta il devoto e virtuoso Olimpio non già in aspetto di guerriero, ma di profeta.