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dell'impero romano cap. xxviii. 377

del Nilo, le riccolte dell’Egitto e la sussistenza di Costantinopoli1. La sede Archiepiscopale d’Alessandria in quel tempo2 era occupata da Teofilo3, perpetuo nemico della pace e della virtù, uomo audace e cattivo, le mani del quale furono alternativamente macchiate dal sangue e dall’oro. Si eccitò il religioso sdegno di lui dagli onori di Serapide; e gli insulti, che ei fece ad un’antica cappella di Bacco, persuasero i Pagani, che meditava un’impresa più importante e pericolosa. Nella tumultuaria capitale dell’Egitto il più leggiero incitamento serviva ad accendere una guerra civile. I devoti di Serapide, ch’eran molto inferiori in forza ed in numero a’ loro avversari, presero le armi, spinti dal filosofo Olimpio4, che gli esortò a morire in difesa degli altari degli Dei. Si fortificarono questi Pagani fanatici nel tempio o per meglio dire nella fortezza di Serapide; rispinsero gli assedianti per mezzo di valo-

  1. Libanio (pro Templis p. 21.) imprudentemente provoca i Cristiani, suoi Signori, con questa insultante osservazione.
  2. Noi possiamo scegliere fra la data di Marcellino, anno 389, e quella di Prospero anno 39l. 1l Tillemont (Hist. des Emp. Tom. V. p. 310. 756.) preferisce la prima, ed il Pagi la seconda.
  3. Tillemont, Mem. Eccl. Tom. XI. p. 441-500. L’ambigua situazione di Teofilo, ch’è un Santo, risguardato come amico di Girolamo, ed è un diavolo, come nemico di Grisostomo, produce una specie d’imparzialità; pure esaminato il tutto, la bilancia pende giustamente contro di lui.
  4. Lardner (Pagan. Tevimon. vol. IV. p. 411), ha addotto un bel passo di Suida, o piuttosto di Damasio, che presenta il devoto e virtuoso Olimpio non già in aspetto di guerriero, ma di profeta.