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356 | storia della decadenza |
che passioni d’una moltitudine d’individui. Se può affermarsi con qualche grado di verità, che la lussuria dei Romani fosse più vergognosa o dissoluta nel regno di Teodosio, che al tempo di Costantino, o forse d’Augusto, non può attribuirsi tale alterazione ad alcuna vantaggiosa circostanza, che avesse accresciuto la copia delle nazionali ricchezze. Un lungo periodo di calamità o di decadenza dovè opporsi alla industria, e diminuir l’opulenza del popolo; ed il profuso lusso deve essere stato l’effetto di quella indolente disperazione, che gode il bene presente, e scaccia i pensieri del futuro. L’incerta condizione del loro stato disanimava i sudditi di Teodosio dall’impegnarsi in quelle utili e laboriose imprese, che richiedono una spesa immediata, e promettono un lento e lontano vantaggio. I frequenti esempi di desolazione e rovina li tentavano a non risparmiare gli avanzi di un patrimonio, che ad ogni momento potea divenire la preda dei rapaci Goti. E la pazza prodigalità, che prevale nella confusione d’un naufragio o d’un assedio, può servire a spiegare il progresso del lusso fra le disgrazie ed i terrori d’una cadente nazione.
Il lusso effemminato, che infestava i costumi delle Corti e delle città, aveva instillato un veleno distruttivo e segreto nei corpi delle legioni; e si è notata la degenerazione di esse dalla penna d’uno scrittore militare, che aveva diligentemente studiato i genuini ed antichi principj della disciplina Romana. È una giusta ed importante osservazione di Vegezio, che la infanteria fu invariabilmente coperta con armi difensive, dalla fondazione della città fino al regno dell’Imperator Graziano. Il rilassamento della disciplina e la mancanza d’esercizio rendè i soldati meno atti