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dell'impero romano cap. xxvii. | 355 |
la sua morte fu generalmente compianta. I Barbari ch’egli avea vinti, e gli Ecclesiastici, dai quali era stato vinto egli stesso, celebrarono con alto e sincero applauso le qualità del morto Imperatore, che più sembravano valutabili ai lor occhi. I Romani si spaventarono all’imminente pericolo d’una debole e divisa amministrazione, ed ogni disgraziato accidente degli infelici regni d’Arcadio e d’Onorio ravvivò la memoria della loro irreparabil perdita.
Nella fedel pittura delle virtù di Teodosio, non si sono dissimulate le sue imperfezioni, l’atto di crudeltà e l’abitudine dell’indolenza, che oscurarono la gloria d’uno dei più grandi fra i Principi Romani. Un istorico, perpetuo nemico della fama di Teodosio, ha esagerato i suoi vizi ed i lor perniciosi effetti; egli audacemente asserisce, che i sudditi di ogni ceto imitavano gli effemminati costumi del loro Sovrano, che ogni specie di corruzione macchiava il corso della vita sì pubblica che privata; e che i deboli freni dell’ordine e della decenza non eran sufficienti ad impedire il progresso di quello spirito depravato, che sacrifica senza rossore la considerazione del dovere e dell’utile alla vile soddisfazione dell’ozio e dell’appetito1. Le querele degli Scrittori contemporanei, che deplorano l’accrescimento del lusso, e la depravazione dei costumi, ordinariamente indicano la particolare loro indole e situazione. Vi sono pochi osservatori, che abbiano una chiara ed estesa veduta delle rivoluzioni di una società; e che sieno capaci di scuoprire i tenui e segreti motivi d’agire, che spingono ad un’istessa uniforme direzione le capricciose e cie-
- ↑ Zosimo l. IV. p. 244.