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del Cielo, che sembrava militare dalla parte del pio Imperatore1. La sua vittoria fu intera; ed i suoi rivali non si distinsero nella morte che per la differenza dei loro caratteri. Il Rettore Eugenio, che aveva quasi acquistato il dominio del Mondo, si ridusse ad implorar la misericordia del vincitore; e gli impazienti soldati, nel tempo che ei stava prostrato ai piè di Teodosio, gli tagliaron la testa. Arbogaste, dopo aver perduto una battaglia, in cui adempiuto aveva i doveri di soldato e di generale, andò vagando più giorni fra le montagne. Ma quando restò convinto, che il caso era disperato, ed impraticabile la fuga, l’intrepido Barbaro imitò l’esempio degli antichi Romani, e rivolse contro il proprio petto la spada. Fu deciso il destino dell’Impero in un angusto canto dell’Italia; ed il legittimo successore della casa di Valentiniano abbracciò l’Arcivescovo di Milano, e ricevè graziosamente la sommissione delle Province occidentali. Erano queste restate involte nella colpa della ribellione; mentre l’inflessibil coraggio dell’unico Am-

  1. Te propter gelidis Aquilo de monte procellis
    Obruit adversus acies, revolutaque tela
    Vertit in auctores, et turbine repulit hastas,
    O nimium dilecte Deo, cui fundit ab antris
    Aeolus armatas hyemes, cui militat aether,
    Et conjurati veniunt ad classica venti!

    Questi famosi versi di Claudiano (in III. Cons. Hono. 93. an. 396) son riferiti dai suoi contemporanei Agostino ed Orosio, che sopprimono la Pagana Divinità d’Eolo; ed aggiungono alcune circostanze, che avevan sapute dai testimoni di veduta. Dentro i quattro mesi dopo la vittoria, fu essa paragonata da Ambrogio alle vittorie miracolose di Mosè e di Giosuè.