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dell'impero romano cap. xxvii. | 349 |
tro con vicendevol sorpresa; ed il famoso Alarico acquistò nella scuola di Teodosio quella cognizione dell’arte della guerra, che poi esercitò con tanta fatalità per la distruzione di Roma1.
L’Imperatore Occidentale, o per dir meglio il suo Generale Arbogaste era stato istruito dalla mala condotta e dalla disgrazia di Massimo di quanto poteva riuscir pericoloso l’estender la linea di difesa contro un abil nemico, il quale era in libertà di spignere o di sospendere, di ristringere o di moltiplicare i suoi diversi modi d’attacco2. Arbogaste piantò il suo quartiere nei confini dell’Italia; lasciò senza resistenza occupare alle truppe di Teodosio le province della Pannonia fino a piè delle alpi Giulie; ed anche i passaggi delle montagne negligentemente, o forse ad arte furono abbandonati all’audace invasore. Questi discese dai monti, ed osservò con qualche sorpresa il formidabile campo dei Galli e dei Germani, che occupava con le armi e con le tende l’aperta campagna, che si estende fino alle mura d’Aquileia, ed alle rive del
- ↑ Zosimo l. IV. p. 280. Socrat. l. VII. 10,. Alarico medesimo (de bello Get. 524) si ferma con più compiacenza sulle sue prime imprese contro i Romani.
. . . . Tot Augustos Hebro qui teste fugavi:
Pure la sua vanità difficilmente avrebbe potuto provare questa pluralità d’Imperatori fuggitivi.
- ↑ Claudiano in IV. Cons. Honor. 77. ec. pone a confronto i disegni militari dei due usurpatori.
. . . . Novitas audere priorem
Suadebat, cautumque dabant exemplo sequentem.
Hic nova moliri praeceps: hic quaerere tuta
Providus. Hic fusis; collectis viribus ille.
Hic vagus excurrens; hic intra claustra reductus.
Dissimiles; sed morte pares...