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346 storia della decadenza

Franco avrebbe posto sul trono Imperiale. Ma qualche residuo di orgoglio e di pregiudizio tuttavia s’opponeva all’elevazione d’Arbogaste medesimo; ed il giudizioso Barbaro stimò consiglio migliore quello di regnare sotto il nome di qualche dipendente Romano. Ei diede la porpora al Retore Eugenio1, ch’esso aveva già promosso dal posto di suo Segretario domestico, a quello di Maestro degli Uffizi. Nel corso dei privati e dei pubblici impieghi, il Conte aveva sempre approvato l’attaccamento e l’abilità di Eugenio; la sua dottrina ed eloquenza, sostenuta dalla gravità dei costumi, gli conciliava la stima del popolo; e la ripugnanza, con cui parve salire sul trono, può inspirare una favorevole prevenzione della virtù e moderazione di esso. Furono immediatamente spediti alla Corte di Teodosio gli Ambasciatori del nuovo Imperatore, per fargli sapere con affettata mestizia l’infelice accidente della morte di Valentiniano, e per chiedere, senza rammentare il nome d’Arbogaste, che il Monarca Orientale abbracciasse per suo legittimo collega il rispettabile cittadino, che aveva ottenuto l’unanime suffragio degli eserciti e delle Province occidentali2. Teodosio fu giustamente irritato, che la perfidia d’un Barbaro avesse in un momento distrutto

  1. Quem sibi Germanus famulum delegerat exul. Tal’è la disprezzante espressione di Claudiano (IV Cons. Hon. 74). Eugenio professava il Cristianesimo; ma è probabile in un grammatico, che fosse in segreto attaccato al Paganesimo (Sozomen. l. VII. c. 22 Filostorg. l. XI. c. 2), e quasi l’assicurerebbe l’amicizia di Zosimo (l. IV. p. 276, 277).
  2. Zosimo (l. IV. p. 278) fa menzione di quest’ambasceria; ma un’altra storia lo distrae dal riferirne l’evento.