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344 | storia della decadenza |
quantunque potesse nascere solo dall’impaziente e precipitosa indole giovanile, può però ingenuamente anche attribuirsi allo spirito generoso di un Principe, che sentiva di non essere indegno di regnare. Secretamente invitò l’Arcivescovo di Milano ad intraprendere l’uffizio di mediatore, come guarante della sua sincerità, e custode della sua salute. Pensò d’informare l’Imperatore d’Oriente dell’infelice situazione, in cui si trovava; e dichiarò, che, se Teodosio non avesse potuto marciar prontamente in suo soccorso, egli avrebbe dovuto tentare di fuggir dal palazzo, o piuttosto dalla prigione di Vienna in Gallia, dove imprudentemente avea stabilito la sua residenza in mezzo alla nemica fazione. Ma le speranze d’aiuto eran lontane e dubbiose; e siccome ogni giorno somministrava qualche nuova provocazione, l’Imperatore, senza forza o consiglio, con troppa fretta risolvè di arrischiare un’immediata contesa col potente suo Generale. Ricevè Arbogaste sul trono, e mentre il Conte s’accostava con qualche apparenza di rispetto, gli diede un foglio, che indicava la dimissione da tutti i suoi impieghi. „La mia autorità„ (rispose Arbogaste con insultante freddezza) „non dipende dal sorriso o dal sopracciglio di un Monarca„; e con disprezzo gettò il foglio sul suolo. L’irato Monarca s’attaccò alla spada di una delle guardie, che si sforzò di trarre dal fodero; e non fu senza qualche sorta di violenza, che gli fu impedito di usar quell’arme fatale contro il suo nemico o se stesso. [A. 392] Pochi giorni dopo
lume degli Istorici di Francia) ci ha conservato un curioso frammento di Sulpicio Alessandro, istorico molto più valutabile di lui medesimo.