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dell'impero romano cap. xxvii. 343

Applaudivano essi alla sua castità e temperanza, al disprezzo che aveva del piacere, all’applicazione per gli affari, ed alla tenera affezione di lui per le due sue sorelle, le quali però non poterono indurre l’imparzial giustizia di lui a pronunziare un’ingiusta sentenza contro l’infimo dei suoi sudditi. Ma quest’amabile giovane, prima di finire il ventesim’anno della sua età, fu oppresso da un tradimento domestico, e l’impero fu involto di nuovo negli orrori di una guerra civile. Arbogaste1, valente soldato della nazione dei Franchi, teneva il secondo posto nella milizia di Graziano. Dopo la morte del suo Signore s’unì allo stendardo di Teodosio; contribuì col suo valore e colla sua condotta militare alla distruzion del tiranno, e fu dichiarato, dopo la vittoria, Generale dell’esercito della Gallia. Il real suo merito e l’apparente sua fedeltà avean guadagnato la confidenza del Principe e del popolo; l’illimitata sua liberalità corruppe i soldati; e mentre generalmente stimavasi come la colonna dello Stato, l’ardito ed astuto Barbaro s’era segretamente determinato o a regolare o a rovinar l’Impero d’Occidente. Si distribuirono i più importanti posti dell’esercito tra i Franchi; furon promosse le creature d’Arbogaste a tutti gli onori ed uffizi del governo civile; il progresso della cospirazione allontanò dalla presenza di Valentiniano qualunque servo fedele; e l’Imperatore, senza forza e senza cognizione, cadde appoco appoco nella precaria dipendente condizione di schiavo2. Lo sdegno, che egli manifestò,

  1. Zosimo (l. IV. p. 275) loda il nemico di Teodosio. Ma egli è detestato da Socrate (l. V. c. 25) e da Orosio (l. VII. c. 35).
  2. Gregorio di Tours (l. 2. c. 9. p. 165. nel secondo vo-