|
dell'impero romano cap. xxvii. |
335 |
quella promiscua carnificina per tre ore senza differenza di stranieri o di nazionali, di sesso o di età, d’innocenza o di colpa; i ragguagli più moderati fanno ascendere a settemila il numero degli uccisi; ed alcuni scrittori asseriscono, che furono sacrificate più di quindicimila vittime all’ombra di Boterico. Un mercante forastiero, che probabilmente non aveva avuto parte nell’uccisione di esso, offerì la propria vita e tutte le sue ricchezze per salvare uno dei suoi due figli; ma mentre il padre stava esitando con uguale tenerezza, mentr’era dubbioso nella scelta, e ripugnante alla condanna, i soldati posero fine alla sua sospensione coll’immergere nel momento stesso i lor ferri nei petti dei miseri giovani. L’apologia degli assassini, che erano cioè obbligati a produrre un determinato numero di teste, non serve che ad accrescere, coll’apparenza dell’ordine e della premeditazione, gli orrori della strage, che fu eseguita per comandamento di Teodosio. S’aggrava la colpa dell’Imperatore dalla lunga e frequente residenza di lui in Tessalonica. Eran famigliari, e tuttora presenti all’immaginazione di esso la situazione di quella sfortunata città, l’aspetto delle contrade e delle fabbriche, le vesti ed i volti degli abitatori e Teodosio aveva un forte e vivo sentimento dell’esistenza di quel popolo ch’egli distrusse1.
- ↑ La testimonianza originale d'Ambrogio (T. II. ep. 51, p. 998), d'Agostino (de Civ. Dei v. 26) e di Paolino (in vit. Ambros. c. 24), si manifesta in generali espressioni di orrore e di compassione. Essa poi viene illustrata dalle successive e disuguali autorità di Sozomeno (l. VII. c. 25), di Teodoreto (l. V. c. 17), di Teofane, (Chronogr. p. 62),