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dell'impero romano cap. xxv. 29

tosi l’elmo tranquillamente di capo, mostrò la canizie ed il suo venerabile aspetto; salutò i soldati di Procopio coi teneri nomi di figli e di compagni; e gli esortò a non più sostenere la causa disperata di un disprezzabil tiranno, ma seguir piuttosto il vecchio loro capitano, che gli avea tante volte condotti alla vittoria e all’onore. Nelle due battaglie di Tiatira1 e di Nicosia, l’infelice Procopio fu abbandonato dalle sue truppe, che restaron sedotte dalle istruzioni e dall’esempio dei perfidi loro uffiziali. Dopo d’aver vagato per qualche tempo nei boschi e nelle montagne della Frigia, fu tradito dai timidi suoi seguaci, condotto al campo Imperiale, ed immediatamente decapitato. Egli ebbe la sorte ordinaria degli usurpatori, a cui mal succedono lo loro imprese; ma gli atti di crudeltà, esercitati dal vincitore sotto l’orma di legittima giustizia, eccitarono la compassione e lo sdegno dell’universo2.

In vero tali sono i frutti comuni e naturali del dispotismo e della ribellione. Ma l’inquisizione contro il delitto di magia, che nel regno dei due fratelli fu

  1. Il medesimo campo di battaglia si pone in Licia da Ammiano, e da Zosimo a Tiatira, che sono alla distanza di 150. miglia fra loro. Ma Tiatira alluitur Lyco (Plin. Histor. Nat. V. 31, Cellar Geogr. Antiq. Tom. II. p. 79) ed i copisti facilmente poteron cangiare un ignoto fiume in una ben nota provincia.
  2. Le avventure, l’usurpazione e la caduta di Procopio vengono regolarmente riferite da Ammiano (XXVI. 6. 7. 8. 9. 10.) e da Zosimo (l. IV. p. 203-210). Spesse volte s’illustrano, e di rado si contraddicono fra loro. Temistio (Orat. VII. p. 91. 92.) vi aggiunge qualche vil panegirico, ed Eunapio (p. 83. 84.) qualche maligna satira.