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dell'impero romano cap. xxvii. 315

separate dai loro corpi ed un’abbondante copia di sangue. Con solenne pompa si esposero le sante reliquie alla venerazione del popolo; ed ogni circostanza di questa fortunata scoperta fu mirabilmente atta a promuovere i disegni d’Ambrogio. Si suppose che le ossa dei Martiri, il sangue e le vesti loro avessero le virtù di risanare dai mali, e tal soprannatural potenza si comunicasse ai più distanti oggetti senza perdere in minima cosa la primiera sua attività. Parve che la straordinaria cura di un cieco1 e le forzate confessioni di varj ossessi giustificassero la fede e la santità dell’Arcivescovo; e la verità di questi miracoli viene attestata da Ambrogio medesimo, da Paolino suo segretario e dal celebre Agostino, di lui proselito, che in quel tempo professava rettorica in Milano. La ragionevolezza del nostro secolo può approvare per avventura l’incredulità di Giustina e dell’Arriana sua Corte, la quale derise le teatrali rappresentazioni, che si facevano per l’artifizio ed a spese dell’Arcivescovo2. L’effetto, per altro, ch’ebbero sull’animo del popolo, fu rapido ed invincibile; ed il debole Sovra-

    statura umana, ch’è prevalso in ogni secolo fin dal tempo d’Omero.

    Grandiaque effossis mirabitur ossa sepulchris.

  1. Ambros. T. II. ep. XXII. p. 875. August. Confess. l. IX. c. 7 de Civ. Dei l. XXII. c. 8. Paulin. in vit. S. Ambros. c. 14 in append. Bened. p. 4. Il cieco aveva nome Severo, ei toccò la sacra veste, ricuperò la vista, e consacrò il resto della sua vita (almeno per venticinque anni) al servizio della Chiesa. Io raccomanderei questo miracolo a’ nostri Teologi, se non provasse il culto delle reliquie, ugualmente che la fede Nicena.
  2. Paulin. in vit. S. Ambros. c. 5. in app. Bened. p. 5.