Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/312

308 storia della decadenza

sorpresa di se stesso e del Mondo fu ad un tratto di Governatore trasformato in Arcivescovo. Senza che vi avesse parte veruna, per quanto si dice, l’arte o l’intrigo, tutto il corpo del popolo concordemente lo salutò col titolo Episcopale, la concordia e la perseveranza delle loro acclamazioni fu attribuita ad un impulso soprannaturale; ed il ripugnante Magistrato fu costretto ad intraprendere un uffizio spirituale, per cui non era preparato dalle abitudine ed occupazioni della precedente sua vita. Ma l’attività del suo genio presto lo pose in istato di esercitare con zelo e con prudenza i doveri dell’Ecclesiastica potestà; e mentre di buona voglia rinunziò a’ vani e splendidi ornamenti della grandezza temporale, condiscese, pel ben della Chiesa, a dirigere la coscienza degl’Imperatori, ed a criticare l’amministrazione dell’Impero. Graziano lo amava e lo rispettava come un padre; e l’elaborato trattato della fede della Trinità era destinato per istruzione di quel giovane Principe. Dopo la tragica morte di lui, allorchè l’Imperatrice Giustina tremava per la salvezza propria e di Valentiniano suo figlio, fu spedito l’Arcivescovo di Milano in due diverse ambascerie alla Corte di Treveri. Egli esercitò con ugual fermezza e sagacità le forze del proprio carattere sì spirituale che politico; e forse contribuì con la sua autorità ed eloquenza a frenare l’ambizione di Massimo, ed a protegger la pace dell’Italia1. Ambrogio consacrato aveva la propria vita e tutti i suoi talenti al servizio della Chiesa. Le ricchezze per lui erano un oggetto

  1. Ambrogio medesimo (Tom. II. ep. XXIV. p. 888. 891) dà all’Imperatore un assai spiritoso ragguaglio della sua ambasceria.