Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/31


dell'impero romano cap. xxv. 27

le1; si rammentavano essi le glorie della casa di Costantino, e dichiaravano con sincere acclamazioni, che avrebbero sparso l’ultima goccia del loro sangue in difesa della fanciulla reale2.

Frattanto Valentiniano trovavasi agitato e perplesso per la dubbiosa notizia della ribellione dell’Oriente. Le difficoltà d’una guerra nella Germania lo costringevano ad impiegar le immediate sue cure nella salvezza dei proprj Stati; e siccome veniva impedito o corrotto ogni canale di comunicazione, egli dava orecchio con dubbiosa ansietà ai romori che si andavano artificiosamente spargendo, che la disfatta e la morte di Valente avesse lasciato Procopio solo Signore delle Province Orientali. Valente non era morto; ma alla nuova della ribellione, ch’ei ricevè in Cesarea, disperò vilmente della sua vita e dello Stato; propose d’entrare in trattato coll’usurpatore, e scuoprì una segreta inclinazione a deporre la porpora Imperiale. La fermezza de’ suoi Ministri salvò il timido Monarca dal disonore e dalla rovina, e l’abilità loro tosto decise in suo favore l’evento della guerra civile. In un tempo di tranquillità, Sallustio si era dimesso dal suo posto senza parlare; ma appena fu attaccata la sicurezza pubblica, egli ambiziosamente sollecitò la preminenza nella fatica e nel pericolo; e

  1. Questa ribelle fanciulla fu in seguito moglie dell’Imperator Graziano; ma morì giovane e senza figli. Vedi Du Cange Fam. Byzant. p. 48, 59.
  2. Sequimini culminis summi prosapiam. Tale era il linguaggio di Procopio, che affettava di sprezzare l’oscura nascita e la fortuita elezione dell’ignobil Pannonio. Ammiano XXVI. 7.