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dell'impero romano cap. xxvii. | 295 |
storia della persecuzione, che afflisse la Chiesa sotto il regno dell’empio Teodosio; ed i patimenti dei santi lor confessori potrebbero eccitar la pietà del disappassionato lettore. Pure v’è motivo di supporre, che la violenza dello zelo e della vendetta in qualche modo restasse delusa dalla mancanza di resistenza; e che gli Arriani dimostrassero, nella loro avversità, fermezza molto minore di quella onde avea fatto prova il partito Cattolico sotto i regni di Costanzo e di Valente. Sembra che la condotta ed il moral carattere delle opposte Sette fosse regolato dai medesimi comuni principj di natura e di religione; ma si può por mente ad una circostanza assai materiale, che tendeva a distinguere i gradi della teologica loro fede. Ambe le parti, sì nelle scuole che nelle chiese, riconoscevano e veneravano la divina maestà di Cristo; e siccome noi siam sempre inclinati ad attribuire alla divinità i sentimenti e le passioni di noi medesimi, si poteva credere più prudente o rispettoso contegno quello di esagerare che di ristringere le adorabili perfezioni del Figlio di Dio. Il discepolo d’Atanasio esultava nella orgogliosa opinione d’essersi fatto un merito per ottenere il favor divino; laddove il seguace d’Arrio doveva esser tormentato dal segreto timore d’essere forse reo d’un’imperdonabile colpa, attesa la scarsa lode ed i parchi onori, ch’ei dava al Giudice dell’universo. Le opinioni dell’Arrianesimo potean soddisfare uno spirito freddo e speculativo; ma la dottrina del simbolo Niceno, raccomandata con la massima forza dai meriti della fede e della devozione, era molto più atta a divenir popolare, e ad aver buon successo in una credula età.
La speranza di trovare nelle assemblee del Clero