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dell'impero romano cap. xxvii. |
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di povertà e di esilio1; ed alla sua remozione immediatamente successe la purificazione della città Imperiale. Gli Arriani poterono con qualche apparenza di giustizia dolersi, che una piccola congregazione di settari dovesse usurpare le cento Chiese, ch’essi non eran sufficienti a riempire, mentre la maggior parte del popolo veniva crudelmente esclusa da ogni luogo di culto religioso. Teodosio fu sempre inesorabile: ma siccome gli Angeli, che difendevan la causa de’ Cattolici, non eran visibili che agli occhi della fede, esso prudentemente invigorì quelle celesti legioni col più efficace aiuto delle armi temporali e corporee; e fu occupata la Chiesa di S. Sofia da un grosso corpo di guardie Imperiali. Se l’animo di Gregorio era suscettivo d’orgoglio, ei dovè sentire una ben viva soddisfazione, allorchè l’Imperatore lo condusse per le contrade in solenne trionfo, e con le proprie mani lo pose rispettosamente sulla sede Archiepiscopale di Costantinopoli. Ma il Santo, che non avea superato le imperfezioni dell’umana virtù, era profondamente mosso dal mortificante pensiero, che l’entrar, che ei faceva nell’ovile, era piuttosto da lupo che da pastore; che le armi lucenti, che circondavan la sua persona, eran necessarie alla sua salvezza; e ch’egli solo era l’argomento delle imprecazioni d’un gran partito, i cui individui come uomini e cittadini, era impossibile per esso di non curare. Vide l’innumerabil moltitu-
- ↑ Socrate (l. V. c. 7) e Sozomeno (l. VII. c. 5) riferiscono l’evangeliche parole ed azioni di Damofilo, senza neppure una parola d’approvazione. Egli riflettè, dice Socrate, ch’è difficile resistere ai potenti: ma era facile, e sarebbe stato vantaggioso il sottomettersi.