Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/291


dell'impero romano cap. xxvii. 287

zione di più all’affaccendata oziosità della Metropoli; e possiam prestar fede all’asserzione d’un intelligente osservatore che descrive, con qualche piacevolezza, gli effetti del loquace loro zelo: „Questa città (egli dice) è piena di artisti e di schiavi, che son tutti profondi Teologi, e predicano nelle botteghe e nelle strade. Se bramate che uno vi cambi una moneta, egli vuole informarvi della differenza tra il Padre ed il Figlio; se dimandate il prezzo d’un pane, vi si dà per risposta, che il Figlio è inferiore al Padre; e cercando voi se il bagno è all’ordine, la risposta è, che il Figlio fu fatto dal niente1. Gli eretici di varie denominazioni vivevano in pace sotto la protezione degli Arriani di Costantinopoli, i quali procuravano d’assicurarsi l’attaccamento di quegli oscuri Settari, mentre abusavano con instancabil severità della vittoria che avevano ottenuto sopra i seguaci del Concilio Niceno. Nei parziali regni di Costanzo e di Valente, ai deboli residui degli Omousiani fu impedito il pubblico e privato esercizio di lor religione; ed è stato in patetico stile osservato, che il disperso gregge lasciavasi andar vagando senza pastore per le montagne o divorar dai lupi rapaci2. Ma poichè il loro zelo,

  1. Vedi Jortin Osservaz. sull’Istor. Eccl. Vol. IV. p. 7l. l’Orazione trentesimaterza di Gregorio Nazianzeno somministra invero qualche idea simile, ed alcune anche più ridicole; ma io non ho potuto trovar le parole di questo notabile passo, che adduco sulla fede d’un esatto ed ingenuo erudito.
  2. Vedi l’Orazione 32 di Gregorio Nazianzeno, ed il racconto ch’egli ha fatto della sua vita in 1800 versi jambici. Pure ogni Medico è disposto ad esagerare l’inveterata natura della malattia ch’egli ha curata.