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24 | storia della decadenza |
poco appoco si arrischiò ad entrare nella Capitale, affidò la propria vita e fortuna alla fedeltà di due amici, uno Senatore e l’altro eunuco, e concepì qualche speranza di buon successo dalla notizia ch’ebbe dello stato attuale de’ pubblici affari. Il Corpo del popolo era infetto da uno spirito di malcontentezza, che gli faceva desiderar la giustizia e l’abilità di Sallustio, che era stato imprudentemente dimesso dalla Prefettura dell’Oriente. Si disprezzava il carattere di Valente, rozzo senza vigore, e debole senza dolcezza. Temevasi l’influenza del patrizio Petronio suo suocero, crudele e rapace ministro, che rigorosamente esigeva i tributi rimasti arretrati fin dal regno dell’Imperatore Aureliano. Le circostanze eran propizie ai disegni di un usurpatore. La condotta ostile dei Persiani richiedeva la presenza di Valente nella Siria; dal Danubio all’Eufrate le truppe erano in moto; e la Capitale in tale occasione era piena di soldati che passavano e ripassavano il Bosforo Tracio. Furono indotte due coorti di Galli a dare orecchio alle segrete proposizioni dei cospiratori, sostenute dalla promessa d’un liberal donativo; e siccome veneravano ancora la memoria di Giuliano, facilmente acconsentirono a difender l’ereditaria pretensione del proscritto parente di lui. Allo spuntar del giorno vennero esse schierate vicino ai Bagni d’Anastasia; e Procopio, vestito di un abito di porpora più conveniente ad un commediante che a un Principe, comparve come se
te, e non consapevole del fatto; pure appena evitar potè la sentenza di morte, e fu bandito nelle remote regioni della Mauritania: Filostorg. l. IX. c. 5. 8. e Gotofredo Dissert. p. 369. 378.