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dell'impero romano cap. xxvii. |
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la sicurezza del suo regno, se non si fosse provocato l’esercito a risentirsi delle particolari sue ingiurie. Finattantochè il giovane Imperatore fu guidato dalle istruzioni dei suoi maestri, si professò amico e quasi sotto la tutela dei soldati; consumava molte ore nella famigliar conversazione del campo; e la salute, il sollievo, i premi, gli onori delle fedeli sue truppe sembrava che fossero l’oggetto delle premurose cure di lui. Ma dopo che Graziano secondò più liberamente il dominante suo gusto per la caccia e per lo scagliare de’ dardi, fece naturalmente lega coi ministri più destri del suo favorito divertimento. Fu ammesso al servizio militare e domestico del palazzo un corpo di Alani; e l’ammirabile abilità che essi erano assuefatti ad usare nelle immense pianure della Scizia, veniva esercitata in un più angusto teatro, quali erano i parchi ed i chiusi recinti della Gallia. Graziano ammirava i talenti ed i costumi di tali favorite guardie, alle quali sole affidava la difesa della sua persona: e come se avesse voluto insultare la pubblica opinione, spesse volte si facea vedere ai soldati ed al popolo con l’abito e le armi, con il lungo arco, la risuonante faretra e l’abbigliamento di pelli a foggia di Scita guerriero. L’indegno spettacolo di un Principe Romano, che avea rinunziato alle vesti ed ai costumi del proprio paese, riempì gli animi delle legioni di dispiacere e di sdegno1. Fino i Germa-
- ↑ Zosimo
(l. IV. p. 247) e Vittore il Giovane attribuiscono la rivoluzione al favor degli Alani ed al disgusto delle truppe Romane. Dum exercitum negligeret, et paucos ex Alanis, quos ingenti auro ad se transtulerat, anteferret veteri ac Romano militi.