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storia della decadenza |
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rono un editto Imperiale per punire come capitale delitto la violazione, la negligenza, o anche l’ignoranza della divina legge1. Fra i diversi esercizi, nei quali s’era occupata la gioventù di Graziano, erasi egli applicato con particolar genio e successo a maneggiare i cavalli, a tender l’arco ed a scagliare il giavellotto; e queste abilità, che potevano essere utili per un soldato, restarono prostituite nel più vile oggetto della caccia. Si formarono vasti parchi pei divertimenti Imperiali, furono abbondantemente forniti d’ogni specie di bestie selvagge; e Graziano trascurava i doveri ed eziandio la dignità del suo grado per consumar le intere giornate nella vana ostentazione di destrezza e d’ardire nel cacciare. La vanità, e il desiderio, che aveva il Romano Imperatore, di esser eccellente in un’arte, in cui avrebbe potuto esser superato dall’infimo de’ suoi schiavi, rammentava ai numerosi spettatori gli esempi di Nerone e di Commodo; ma il casto e moderato Graziano era alieno dai mostruosi lor vizi; e le sue mani non furon macchiate che dal sangue degli animali2.
La condotta di Graziano, che avviliva il suo carattere agli occhi del Mondo, non avrebbe potuto disturbare
- ↑ „Qui divinae legis sanctitatem nesciendo omittunt, aut negligendo violant et offendunt, sacrilegium committunt„: Cod. Just. l. IX. Tit. XXIX. leg. Teodosio invero può pretender la sua parte nel merito di questa estesa legge.
- ↑ Ammiano (XXXI. 10) e Vittore il Giovane riconoscono le virtù di Graziano, ed accusano o piuttosto deplorano il depravato suo gusto. L’odioso paralello di Commodo è addolcito dall’espressione: „licet incruentus„, e forse Filostorgio (l. X. c. 10. col Gotofred. pag. 412) ha mitigato con qualche riserva simile la comparazion di Nerone.