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dell'impero romano cap. xxvi. 261

ed ammirò la dominante situazione della città, la forza e bellezza delle mura e dei pubblici edifizi, il capace porto, coronato d’innumerabili navi, il continuo commercio di remote nazioni, e le armi e la disciplina delle truppe. In verità, proseguì Atanarico, l’Imperator dei Romani è un Dio sopra la terra; e l’uomo presontuoso, che ardisce d’alzar la mano contro di lui, è reo del proprio sangue1.„ Il Gotico Re non potè goder lungamente di quell’onorevol e splendido trattamento, e poichè la temperanza non era la virtù della sua nazione, giustamente si può sospettare che la mortale malattia di lui derivasse da’ piaceri degl’Imperiali banchetti. Ma la politica di Teodosio trasse un più solido vantaggio dalla morte di lui che non avrebbe potuto aspettare dai più fedeli servigi del suo alleato. Con solenni ceremonie si fece il funerale d’Atanarico, nella capitale dell’Oriente; fu eretto un magnifico monumento alla sua memoria; e tutta l’armata di esso, vinta dalla liberal cortesia e dal decente lutto di Teodosio, s’arrolò sotto gli stendardi dell’Im-

  1. Al Lettore non dispiacerà di vedere le parole originali di Giornandes o dell’autore ch’egli trascrive: Regiam urbem ingressus est, miransque, en (inquit) cerno quod saepe incredulus audiebam, famam videlicet tantae urbis. Et huc illuc oculos volvens nunc situm urbis commeatumque navium, nunc moenia clara prospectans, miratur, populosque diversarum gentium quasi fonte in uno e diversis partibus scaturiente unda sic quoque militem ordinatum aspiciens. Deus, inquit, est sine dubio terrenus imperator, et quisquis adversus eum manum moverit, ipse sui sanguinis reus existit: Giornandes (c. XXVIII. p. 650) passa a far menzione della sua morte e dei suoi funerali.