Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/257


dell'impero romano cap. xxvi. 253

delle sue possessioni, Teodosio in meno di quattro mesi fu trasferito al trono dell’Impero Orientale; e tutta la serie dell’istoria degli uomini non potrà forse somministrare un esempio simile d’innalzamento nell’istesso tempo sì puro e sì onorevole. I Principi, che ereditano pacificamente lo scettro dei loro padri, pretendono e godono un diritto legittimo, tanto più sicuro, quanto è assolutamente distinto dai meriti del lor carattere personale. I sudditi, che in una Monarchia o in uno stato popolare acquistano la suprema potestà, possono elevarsi colla superiorità del genio o della virtù sopra i loro simili; ma rare volte la loro virtù è libera dall’ambizione, e frequentemente la causa del candidato, che ottiene il suo intento, è macchiata dalla colpa della cospirazione o della guerra civile. Eziandio in que’ Governi, che permettono al Monarca regnante di nominare un collega o successore, la parziale sua scelta, nella quale possono influire le più cieche passioni, è spesso diretta ad un indegno soggetto. Ma la più sospettosa malignità non potè attribuire a Teodosio nell’oscura sua solitudine di Cauca, gli artifizi, i desiderj, e neppure le speranze d’un ambizioso politico, ed il nome stesso dell’esule da gran tempo sarebbe andato in dimenticanza, se le vere e distinte virtù di lui non avesser lasciato una profonda impressione nella Corte Imperiale. Il sublime suo merito, nel tempo della prosperità, non si era curato; ma nelle pubbliche angustie fu generalmente riconosciuto o sentito. Qual fiducia mai non doveva esser posta nella sua integrità, mentre Graziano potè fidarsi, che un pietoso figlio per amore della Repubblica perdonato avrebbe l’uccisione del padre! Qual espettazione dovevasi avere della sua abilità per sostener la spe-