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dell'impero romano cap. xxvi. | 247 |
impedir che sapessero gli eventi della guerra Gotica; e siccome quegli arditi giovani non aveano studiato il linguaggio della dissimulazione, dimostravano il desiderio, la brama, e forse l’intenzione, che avevano, d’emulare il glorioso esempio de’ loro padri. Pareva che il pericolo di que’ tempi giustificasse i gelosi sospetti dei Provinciali; e furono ammessi tali sospetti come indubitabili prove, che i Goti dell’Asia formato avessero una segreta e pericolosa cospirazione contro la pubblica sicurezza. La morte di Valente avea lasciato l’Oriente senza Sovrano; e Giulio, che occupava l’importante posto di General delle truppe con un’alta riputazione di diligenza e d’abilità, si credè in dovere di consultare il Senato di Costantinopoli, che nella vacanza del Trono si considerava da esso, come l’assemblea rappresentante della nazione. Appena ebbe ottenuto la libera facoltà di operare come giudicava espediente pel bene della Repubblica, che convocò i primi uffiziali, e segretamente concertò i mezzi opportuni per eseguire il sanguinario suo disegno. Fu immediatamente pubblicato un ordine, che in un dato giorno si unisse la Gioventù Gotica nelle città capitali delle respettive loro Province; e siccome si fece a bella posta spargere una voce, che si convocavano per dar loro un liberal donativo di terre e di danaro, la piacevole speranza mitigò il furore del loro sdegno, e forse sospese i moti della cospirazione. Nel giorno determinato tutta la gioventù Gotica fu
pone un accrescimento soprannaturale nei giovani Goti, a fine di poter introdurre gli uomini armati di Cadmo, che nacquero dai denti del dragone ec. Tale era la Greca eloquenza di quel tempo.