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246 | storia della decadenza |
t’anni dopo la morte di Valente; e le Province Illiriche, le quali furono sempre soggette all’invasione ed al passaggio de’ Barbari, continuarono dopo un calamitoso corso di dieci secoli a somministrar nuovi materiali di rapina e di distruzione. Quand’anche si potesse supporre, che un ampio tratto di paese fosse lasciato inculto e senz’abitanti, le conseguenze di ciò non avrebber potuto essere tanto fatali alle inferiori produzioni dell’animata natura. Gli utili e deboli animali, che si nutriscon dalla mano degli uomini, posson soffrire e distruggersi, qualora sieno privati della lor protezione; ma le bestie della foresta, nemiche o vittime dell’uomo, si debbon piuttosto moltiplicare nel libero e non disturbato possesso de’ solitari loro dominj. Le varie tribù, che popolano l’aria o l’acqua, sono anche meno connesse colla sorte della specie umana; ed è molto probabile, che i pesci del Danubio dovessero sentire maggior terrore ed angustia dall’avvicinarsi loro un vorace luccio, che dalle ostili scorrerie d’un’armata di Goti.
[A. 378] Per quanto fosse stato grande il numero delle calamità dell’Europa, v’era motivo di temere che in breve le stesse disgrazie s’estenderebbero alle pacifiche regioni dell’Asia. I figli de’ Goti erano stati giudiziosamente distribuiti per le città dell’Oriente; e si erano impiegate le cure dell’educazione per vincere ed ingentilire la nativa fierezza della loro indole. Nello spazio di circa dodici anni era continuamente cresciuto il lor numero; ed i fanciulli, che nella prima emigrazione erano stati mandati sopra l’Ellesponto, avevano acquistato con rapido avanzamento la forza e lo spirito di una perfetta virilità1. Era impossibile di
- ↑ Eunapio (in Excerpt. Leg. p. 20), pazzamente sup-